#worldclimatechange

luca972@joindiaspora.com

L'elettrico non è la soluzione.

Questo è un boneyard vicino Parigi, Francia, con centinaia di auto elettriche. Attenzione, queste sono solo auto usate dalla città di Parigi e non da veicoli personali. Tutti questi hanno lo stesso problema,… le celle di deposito della batteria hanno ceduto e devono essere sostituite. Perché non sostituirli, chiedi? Beh, due motivi. Prima le celle di conservazione della batteria costano quasi il doppio di quanto costa il veicolo nuovo, e poi nessuna discarica o smaltimento permetterà di smaltire le batterie. Quindi queste auto elettriche da favola verde sono tutte sedute in lotti vuoti mentre le loro batterie scaricano le tossine nel terreno.

Pensi ancora che dobbiamo diventare green??? Inoltre troppa richiesta di energia elettrica incentiva a riproporre il nucleare.

Ecco le auto elettriche che dovrebbero inquinare meno… Le automobili migliori sono quelle turbodiesel che sono le più sicure (il gasolio esplode per compressione non per scintilla) e consumano circa la metà di un auto a benzina equivalente.

I motori Diesel e turbo diesel possono funzionare anche con Bio Diesel di origine vegetale riducendo praticamente a zero le emissioni di CO2 e polveri sottili. Gran parte dei motori diesel può essere anche alimentata con oli di origine vegetale (ad esempio olio di colza) apportando una piccola modifica al motore, cioè inserendo un riscaldatore che fluidifica il carburante.


Electric is not the solution.

This is a boneyard near Paris, France with hundreds of electric cars. Attention, these are only used cars from the city of Paris and not from personal vehicles. All of these have the same problem… the battery storage cells have failed and need to be replaced. Why not replace them, you ask? Well, two reasons. First the battery storage cells cost almost double what the new vehicle costs, and then no landfill or disposal will allow you to dispose of the batteries. So these green fairytale electric cars are all sitting in empty lots as their batteries dump the toxins into the ground.

Do you still think we have to go green ??? In addition, too much demand for electricity gives an incentive to revive nuclear power.

Here are the electric cars that should pollute less… The best cars are the turbodiesel ones that are the safest (diesel explodes by compression not by spark) and consume about half of an equivalent petrol car.

Diesel and turbo diesel engines can also work with Bio Diesel of vegetable origin, reducing CO2 and fine dust emissions to virtually zero. Most diesel engines can also be fueled with oils of vegetable origin (for example rapeseed oil) by making a small modification to the engine, that is, by inserting a heater that fluids the fuel.


L'électrique n'est pas la solution.

C'est un boneyard près de Paris, en France, avec des centaines de voitures électriques. Attention, ce ne sont que des voitures d'occasion de la ville de Paris et non des véhicules personnels. Tous ont le même problème… les cellules de stockage de la batterie sont défaillantes et doivent être remplacées. Pourquoi ne pas les remplacer, demandez-vous? Eh bien, deux raisons. Tout d'abord, les cellules de stockage des batteries coûtent presque le double de ce que coûte le nouveau véhicule, puis aucune décharge ou élimination ne vous permettra de vous débarrasser des batteries. Ainsi, ces voitures électriques vertes de conte de fées sont toutes assises sur des terrains vides alors que leurs batteries déversent les toxines dans le sol.

Pensez-vous toujours que nous devons passer au vert ??? De plus, une trop grande demande d'électricité incite à relancer le nucléaire.

Voici les voitures électriques qui devraient moins polluer... Les meilleures voitures sont les turbodiesel qui sont les plus sûres (le diesel explose par compression pas par étincelle) et consomment environ la moitié d'une voiture essence équivalente.

Les moteurs diesel et turbo diesel peuvent également fonctionner avec du Bio Diesel d'origine végétale, réduisant ainsi les émissions de CO2 et de poussières fines à pratiquement zéro. La plupart des moteurs diesel peuvent également être alimentés avec des huiles d'origine végétale (par exemple l'huile de colza) en apportant une petite modification au moteur, c'est-à-dire en insérant un réchauffeur qui fluidifie le carburant.


Eléctrico no es la solución.

Este es un cementerio cerca de París, Francia, con cientos de autos eléctricos. Atención, estos son sólo coches usados ​​de la ciudad de París y no de vehículos personales. Todos estos tienen el mismo problema ... las celdas de almacenamiento de la batería han fallado y necesitan ser reemplazadas. ¿Por qué no reemplazarlos, preguntas? Bueno, dos razones. Primero, las celdas de almacenamiento de la batería cuestan casi el doble de lo que cuesta el vehículo nuevo, y luego ningún vertedero o eliminación le permitirá desechar las baterías. Entonces, estos autos eléctricos verdes de cuento de hadas están todos en lotes vacíos mientras sus baterías vierten las toxinas en el suelo.

¿Todavía crees que tenemos que volvernos ecológicos ??? Además, una demanda excesiva de electricidad incentiva la reactivación de la energía nucleoeléctrica.

Aquí están los autos eléctricos que deberían contaminar menos ... Los mejores autos son los turbodiésel que son los más seguros (el diesel explota por compresión, no por chispa) y consumen aproximadamente la mitad de un auto de gasolina equivalente.

Los motores diésel y turbodiésel también pueden funcionar con biodiésel de origen vegetal, reduciendo prácticamente a cero las emisiones de CO2 y polvo fino. La mayoría de los motores diésel también pueden alimentarse con aceites de origen vegetal (por ejemplo, aceite de colza) realizando una pequeña modificación en el motor, es decir, insertando un calentador que hace fluir el combustible.


#WorldClimateChange #Capitalism #Shame #StopWorldClimateChange #StopCapitalism #NoElectricCars
#RiduzioneDelloSpreco #WasteReduction #RéductionDuGaspillage #ReducciónDeDesperdicios

luca972@joindiaspora.com

La Terra brucia, paghiamo il conto di 40 anni di ritardi e bugie

Le prime denunce risalgono all’inizio degli anni 80. Il sesto rapporto dell’Ipcc mostra che il rischio ormai è inaccettabile
CULTURA - 09/08/2021 15:54 CEST
By Antonio Cianciullo


05/08/2021 Atene, un vasto incendio brucia l'area di Drossopigi, Varybobi, sobborgo nord-orientale di Atene, alimentato dalle alte temperature e dai venti caldi


“I leader sono raramente premiati per quello che fanno per evitare i disastri – perché il non verificarsi di un disastro è raramente motivo di celebrazioni e gratitudine – e più spesso sono biasimati per le fatiche che le misure preventive impongono”. Più che nella climatologia è in questo passaggio di Sventura, le politiche della catastrofe, il libro di Niall Ferguson sui riflessi ritardati nella reazione alle crisi da covid-19 e ambientale, che va cercata una spiegazione al quadro fornito dal sesto rapporto dall’Ipcc.

L’analisi scientifica serve infatti a mostrare i fatti, ma non basta a spiegarli perché la vera anomalia che emerge dallo stallo climatico riguarda gli ecosistemi politici, che si sono dimostrati incapaci di reagire, non quelli fisici, che hanno reagito in maniera tanto prevedibile da avvicinarsi molto all’ipotesi formulata per la prima volta nel 1896 dallo scienziato svedese Svante Arrhenius: crescita della temperatura di 5 gradi al raddoppio della concentrazione di CO2 in atmosfera.

Sbagliare è umano e l’umanità aveva ottimi motivi all’inizio del diciannovesimo secolo per abbracciare con entusiasmo la rivoluzione industriale alimentata dai combustibili fossili. Per millenni la fatica fisica è stata un incubo che ha piegato il corpo e avvilito lo spirito, oggi basta schiacciare un bottone per ottenere un docile concentrato di energia. Per millenni arrivare a 40 anni è stata una fortuna per pochi, oggi in Italia l’età media supera gli 80 anni.

Dunque i combustibili fossili ci sono serviti. E lo squilibrio che abbiamo prodotto usandoli può essere affrontato come abbiamo fatto quando abbiamo scoperto che i cfc, i gas utilizzati anche nelle bombolette spray, stavano uccidendo l’ozono stratosferico che protegge la vita sulla Terra: abbiamo trovato dei sostituti e i cfc sono stati messi fuori legge in poco più di un decennio dal momento del primo allarme.

Oggi ci sono motivi altrettanto validi per passare dal sistema energetico fossile - molto concentrato, verticale, gerarchico e letale per la stabilità climatica - a un sistema più fluido, orizzontale, diffuso, basato sull’aumento di efficienza, sulle fonti rinnovabili, sull’economia circolare. È il salto tecnologico che l’Europa ha lanciato con il green deal e con l’azzeramento netto delle emissioni serra previsto per il 2050. Una prospettiva che consente non solo di mantenere i benefici finora ottenuti, ma di ampliarli e distribuirli meglio, evitando che la crisi climatica faccia collassare il nostro attuale livello di benessere.

Dunque il tema centrale oggi non è tanto l’affinamento dell’analisi climatologica, che è utile e necessario, ma ha già raggiunto un buon livello, quanto la comprensione dei meccanismi che hanno portato a sabotare la terapia di cura dell’atmosfera. Perché non siamo intervenuti quando eravamo in tempo per minimizzare il danno? Perché non interveniamo ora che siamo in tempo per ridurlo?

Da 40 anni gli scienziati chiedono, con toni di allarme crescenti, di mettere in campo le risorse tecnologiche, sociali e organizzative che abbiamo e che potrebbero evitare il disastro che si sta manifestando. E da 40 anni un muro di resistenze e disinformazione rallenta il cambiamento. Il trend era già chiaro nel 1988, all’epoca del primo rapporto dell’Ipcc. Da allora, solo negli Stati Uniti, l’elenco dei presidenti che hanno negato il rischio climatico è stato imbarazzantemente lungo.

Oggi siamo arrivati al sesto rapporto Ipcc. Nel frattempo ogni decade ha battuto i record di caldo del decennio precedente. Gli incendi non devastano solo i boschi e le campagne ma assaltano le aree urbane. I chicchi di grandine grossi come proiettili, che all’epoca del film l’Alba del giorno dopo facevano parte dell’immaginario hollywoodiano della catastrofe climatica, sono entrati di diritto nelle cronache. Gli oceani si surriscaldano e gonfiano con la loro energia la potenza degli uragani.

Tutto ciò, spiega il sesto rapporto dell’Ipcc, è la nuova normalità. Un problema serio che impone di rivedere i criteri di sicurezza in molti aspetti della nostra vita quotidiana: dall’attraversamento di un sottopassaggio, che può diventare una trappola mortale durante un’alluvione lampo, alla costruzione di infrastrutture su terreni che un tempo potevano essere considerati affidabili e ora non lo sono più.

Questo aumento dell’insicurezza climatica sarà irreversibile per molte generazioni. Ma intervenendo subito possiamo impedire che la situazione peggiori ancora. Se invece non interveniamo, spiegano gli scienziati Onu, andremo dritti dritti verso un aumento di temperatura che renderà inabitabili intere aree del pianeta destabilizzando le altre. Il quadro scientifico è chiaro. Quello politico no.


The Earth is burning, we pay the bill for 40 years of delays and lies

The first complaints date back to the early 1980s. The sixth IPCC report shows that the risk is now unacceptable
CULTURE - 09/08/2021 15:54 CEST
By Antonio Cianciullo


05/08/2021 Athens, a vast fire burns the area of ​​Drossopigi, Varybobi, a northeastern suburb of Athens, fueled by high temperatures and hot winds


"Leaders are rarely rewarded for what they do to avoid disasters - because the non-occurrence of a disaster is rarely a cause for celebration and gratitude - and more often they are blamed for the efforts that preventive measures impose." More than in climatology, it is in this passage of Woe, the politics of catastrophe, Niall Ferguson's book on retarded reflexes in the reaction to covid-19 and environmental crises, that an explanation must be sought for the framework provided by the sixth report by the IPCC.

In fact, scientific analysis serves to show the facts, but it is not enough to explain them because the real anomaly that emerges from the climate stalemate concerns the political ecosystems, which have proved incapable of reacting, not the physical ones, which reacted in such a predictable manner that very close to the hypothesis formulated for the first time in 1896 by the Swedish scientist Svante Arrhenius: a rise in temperature of 5 degrees when the concentration of CO2 in the atmosphere doubled.

To be wrong is human and humanity had excellent reasons at the beginning of the nineteenth century to enthusiastically embrace the industrial revolution powered by fossil fuels. For millennia, physical fatigue has been a nightmare that has bent the body and disheartened the spirit, today it is enough to press a button to obtain a docile concentrate of energy. For millennia, reaching 40 was lucky for a few, today in Italy the average age is over 80.

So we needed fossil fuels. And the imbalance we produced using them can be addressed as we did when we discovered that CFCs, the gases also used in spray cans, were killing the stratospheric ozone that protects life on Earth: we found substitutes and CFCs were put in place. outlawed in little more than a decade from the moment of the first alarm.

Today there are equally valid reasons to move from the fossil energy system - very concentrated, vertical, hierarchical and lethal for climate stability - to a more fluid, horizontal, widespread system, based on increasing efficiency, on renewable sources, on the economy. circular. It is the technological leap that Europe has launched with the green deal and with the net zeroing of greenhouse emissions expected by 2050. A perspective that allows not only to maintain the benefits obtained so far, but to expand and distribute them better, avoiding that the climate crisis causes our current level of well-being to collapse.

Therefore, the central theme today is not so much the refinement of the climatological analysis, which is useful and necessary, but has already reached a good level, as the understanding of the mechanisms that led to sabotaging the treatment of the atmosphere. Why didn't we intervene when we were in time to minimize the damage? Why don't we take action now that we have time to reduce it?

For 40 years, scientists have been asking, with increasing alarm tones, to deploy the technological, social and organizational resources that we have and that could avoid the disaster that is unfolding. And for 40 years, a wall of resistance and disinformation has slowed change. The trend was already clear in 1988, at the time of the first IPCC report. Since then, in the United States alone, the list of presidents who have denied climate risk has been embarrassingly long.

Today we arrived at the sixth IPCC report. Meanwhile, each decade has broken the heat records of the previous decade. Fires not only devastate woods and countryside but also assault urban areas. The hailstones as big as bullets, which at the time of the film Dawn the next day were part of the Hollywood imagery of climate catastrophe, entered the news by right. The oceans heat up and swell the power of hurricanes with their energy.

All this, explains the sixth IPCC report, is the new normal. A serious problem that requires reviewing safety criteria in many aspects of our daily life: from crossing an underpass, which can become a death trap during a flash flood, to building infrastructure on land that could once have been considered reliable and now they are no longer.

This increase in climate insecurity will be irreversible for many generations. But by intervening immediately, we can prevent the situation from getting worse. If, on the other hand, we do not intervene, UN scientists explain, we will go straight towards an increase in temperature that will make entire areas of the planet uninhabitable, destabilizing the others. The scientific picture is clear. The political one is not.


La Terre brûle, nous payons la facture de 40 ans de retards et de mensonges

Les premières plaintes remontent au début des années 1980. Le sixième rapport du GIEC montre que le risque est désormais inacceptable
CULTURE - 09/08/2021 15:54 CEST
Par Antonio Cianciullo


05/08/2021 Athènes, un vaste incendie brûle la zone de Drossopigi, Varybobi, une banlieue nord-est d'Athènes, alimenté par des températures élevées et des vents chauds


"Les dirigeants sont rarement récompensés pour ce qu'ils font pour éviter les catastrophes - car la non-occurrence d'une catastrophe est rarement un motif de célébration et de gratitude - et le plus souvent, ils sont blâmés pour les efforts que les mesures préventives imposent." Plus qu'en climatologie, c'est dans ce passage de Malheur, la politique de la catastrophe, le livre de Niall Ferguson sur les réflexes tardifs en réaction au covid-19 et aux crises environnementales, qu'il faut chercher une explication au cadre fourni par le sixième rapport de le GIEC.

En fait, l'analyse scientifique sert à montrer les faits, mais elle ne suffit pas à les expliquer car la véritable anomalie qui se dégage de l'impasse climatique concerne les écosystèmes politiques, qui se sont révélés incapables de réagir, et non les écosystèmes physiques, qui ont réagi en d'une manière si prévisible qu'elle est très proche de l'hypothèse formulée pour la première fois en 1896 par le scientifique suédois Svante Arrhenius : une élévation de température de 5 degrés lorsque la concentration de CO2 dans l'atmosphère a doublé.

Se tromper est humain et l'humanité avait d'excellentes raisons au début du XIXe siècle d'embrasser avec enthousiasme la révolution industrielle alimentée par les combustibles fossiles. Pendant des millénaires la fatigue physique a été un cauchemar qui a courbé le corps et découragé l'esprit, aujourd'hui il suffit d'appuyer sur un bouton pour obtenir un concentré d'énergie docile. Pendant des millénaires, atteindre 40 ans était une chance pour quelques-uns, aujourd'hui en Italie l'âge moyen est supérieur à 80 ans.

Nous avions donc besoin de combustibles fossiles. Et le déséquilibre que nous avons produit en les utilisant peut être corrigé comme nous l'avons fait lorsque nous avons découvert que les CFC, les gaz également utilisés dans les bombes aérosols, tuaient l'ozone stratosphérique qui protège la vie sur Terre : nous avons trouvé des substituts et des CFC ont été mis en place. un peu plus d'une décennie à partir du moment de la première alarme.

Il existe aujourd'hui des raisons tout aussi valables pour passer du système énergétique fossile - très concentré, vertical, hiérarchique et létal pour la stabilité climatique - à un système plus fluide, horizontal, généralisé, basé sur l'augmentation de l'efficacité, sur les sources renouvelables, sur l'économie circulaire. . C'est le saut technologique que l'Europe a lancé avec le green deal et avec la réduction à zéro nette des émissions de gaz à effet de serre attendue d'ici 2050. Une perspective qui permet non seulement de maintenir les bénéfices obtenus jusqu'à présent, mais de les étendre et de mieux les répartir, en évitant que les la crise climatique fait s'effondrer notre niveau actuel de bien-être.

Ainsi, le thème central aujourd'hui n'est pas tant le raffinement de l'analyse climatologique, qui est utile et nécessaire, mais a déjà atteint un bon niveau, que la compréhension des mécanismes qui ont conduit à saboter le traitement de l'atmosphère. Pourquoi ne sommes-nous pas intervenus à temps pour minimiser les dégâts ? Pourquoi n'agissons-nous pas maintenant que nous avons le temps de le réduire?

Depuis 40 ans, les scientifiques demandent, avec des tonalités d'alarme croissantes, de déployer les ressources technologiques, sociales et organisationnelles dont nous disposons et qui pourraient éviter la catastrophe qui se déroule. Et depuis 40 ans, un mur de résistance et de désinformation freine le changement. La tendance était déjà nette en 1988, lors du premier rapport du GIEC. Depuis lors, rien qu'aux États-Unis, la liste des présidents qui ont nié le risque climatique est d'une longueur embarrassante.

Aujourd'hui, nous sommes arrivés au sixième rapport du GIEC. Pendant ce temps, chaque décennie a battu les records de chaleur de la décennie précédente. Les incendies dévastent non seulement les bois et les campagnes, mais attaquent également les zones urbaines. Les grêlons gros comme des balles, qui au moment du film Dawn du lendemain faisaient partie de l'imagerie hollywoodienne de la catastrophe climatique, sont entrés de plein droit dans l'actualité. Les océans se réchauffent et gonflent la puissance des ouragans avec leur énergie.

Tout cela, explique le sixième rapport du GIEC, est la nouvelle norme. Un problème grave qui nécessite de revoir les critères de sécurité dans de nombreux aspects de notre vie quotidienne : du franchissement d'un passage souterrain, qui peut devenir un piège mortel lors d'une crue éclair, à la construction d'infrastructures sur des terrains qui pouvaient autrefois être considérés comme fiables et qui ne le sont plus aujourd'hui. .

Cette augmentation de l'insécurité climatique sera irréversible pour de nombreuses générations. Mais en intervenant immédiatement, nous pouvons éviter que la situation ne s'aggrave. Si, en revanche, nous n'intervenons pas, expliquent les scientifiques de l'ONU, nous irons tout droit vers une augmentation de la température qui rendra inhabitables des zones entières de la planète, déstabilisant les autres. Le tableau scientifique est clair. Le politique ne l'est pas.


La Tierra está ardiendo, pagamos la factura por 40 años de retrasos y mentiras

Las primeras quejas se remontan a principios de la década de 1980. El sexto informe del IPCC muestra que el riesgo es ahora inaceptable
CULTURA - 08/09/2021 15:54 CEST
Por Antonio Cianciullo


05/08/2021 Atenas, un gran incendio quema el área de Drossopigi, Varybobi, un suburbio al noreste de Atenas, alimentado por altas temperaturas y vientos cálidos


"Los líderes rara vez son recompensados ​​por lo que hacen para evitar desastres, porque la no ocurrencia de un desastre rara vez es motivo de celebración y gratitud, y más a menudo se les culpa por los esfuerzos que imponen las medidas preventivas". Más que en climatología, es en este pasaje de Ay, la política de la catástrofe, el libro de Niall Ferguson sobre reflejos tardíos en la reacción al covid-19 y las crisis ambientales, donde debe buscarse una explicación para el marco proporcionado por el sexto informe de el IPCC.

De hecho, el análisis científico sirve para mostrar los hechos, pero no basta con explicarlos porque la anomalía real que surge del estancamiento climático concierne a los ecosistemas políticos, que se han mostrado incapaces de reaccionar, no los físicos, que han reaccionado en de una manera tan predecible que se acerca mucho a la hipótesis formulada por primera vez en 1896 por el científico sueco Svante Arrhenius: un aumento de temperatura de 5 grados cuando la concentración de CO2 en la atmósfera se duplicó.

Estar equivocado es humano y la humanidad tenía excelentes razones a principios del siglo XIX para abrazar con entusiasmo la revolución industrial impulsada por combustibles fósiles. Durante milenios el cansancio físico ha sido una pesadilla que ha doblado el cuerpo y descorazonado el espíritu, hoy basta con apretar un botón para obtener un dócil concentrado de energía. Durante milenios, llegar a los 40 fue una suerte para unos pocos, hoy en día en Italia la edad media es superior a los 80.

Entonces necesitábamos combustibles fósiles. Y el desequilibrio que produjimos al usarlos se puede abordar como lo hicimos cuando descubrimos que los CFC, los gases que también se usan en las latas de aerosol, estaban matando el ozono estratosférico que protege la vida en la Tierra: encontramos sustitutos y se pusieron CFC en su lugar. poco más de una década desde el momento de la primera alarma.

Hoy en día existen igualmente razones válidas para pasar del sistema de energía fósil - muy concentrado, vertical, jerárquico y letal para la estabilidad climática - a un sistema más fluido, horizontal y generalizado, basado en el aumento de la eficiencia, en las fuentes renovables, en la economía. Circular . Es el salto tecnológico que ha lanzado Europa con el acuerdo verde y con la zeroing neta de emisiones de efecto invernadero prevista para 2050. Una perspectiva que permite no solo mantener los beneficios obtenidos hasta el momento, sino ampliarlos y distribuirlos mejor, evitando que el La crisis climática hace que nuestro nivel actual de bienestar colapse.

Por tanto, el tema central hoy no es tanto el refinamiento del análisis climatológico, que es útil y necesario, sino que ya ha alcanzado un buen nivel, como la comprensión de los mecanismos que llevaron a sabotear el tratamiento de la atmósfera. ¿Por qué no intervinimos cuando llegamos a tiempo para minimizar el daño? ¿Por qué no actuamos ahora que tenemos tiempo para reducirlo?

Desde hace 40 años, los científicos vienen pidiendo, con tonos de alarma cada vez mayores, desplegar los recursos tecnológicos, sociales y organizativos de los que disponemos y que podrían evitar el desastre que se avecina. Y durante 40 años, un muro de resistencia y desinformación ha frenado el cambio. La tendencia ya era clara en 1988, en el momento del primer informe del IPCC. Desde entonces, solo en los Estados Unidos, la lista de presidentes que han negado el riesgo climático ha sido vergonzosamente larga.

Hoy llegamos al sexto informe del IPCC. Mientras tanto, cada década ha batido los récords de calor de la década anterior. Los incendios no solo devastan bosques y campos, sino que también asaltan áreas urbanas. Los granizos del tamaño de balas, que en el momento de la película Amanecer del día siguiente formaban parte del imaginario de Hollywood de la catástrofe climática, entraron en las noticias por derecho. Los océanos se calientan e hinchan el poder de los huracanes con su energía.

Todo esto, explica el sexto informe del IPCC, es la nueva normalidad. Un problema grave que requiere revisar los criterios de seguridad en muchos aspectos de nuestra vida diaria: desde cruzar un paso subterráneo, que puede convertirse en una trampa mortal durante una inundación repentina, hasta construir una infraestructura en un terreno que alguna vez se pudo considerar confiable y ahora ya no lo es. .

Este aumento de la inseguridad climática será irreversible durante muchas generaciones. Pero al intervenir de inmediato, podemos evitar que la situación empeore. Si, por el contrario, no intervenimos, explican los científicos de la ONU, iremos directamente hacia un aumento de temperatura que hará inhabitables zonas enteras del planeta, desestabilizando las demás. El panorama científico es claro. El político no lo es.


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