[…] He had begun to feel lost months ago. One evening, from a moving streetcar, he had suddenly noticed the sky. It was a terrific fact, the existence of the sky. Noticing it, looking up into it, with night coming on, he had realized how lost he had become. But he hadn’t done anything about the matter. He had begun to want a house of his own, but he hadn’t done anything to get a house.
He stood over his phonograph, thinking of its silence and his own silence, the fear in himself to make a noise, to declare his existence. He lifted the phonograph from the floor and placed it on his small eating table. The phonograph was very dusty, and he spent a leisurely ten minutes cleaning it. When he was through cleaning it, greater fear came over him, and he wanted for a moment to put it back again on the floor and let it remain silent. After a while he wound the machine slowly, hoping secretly that something inside of it would break, so that he would not be able, after all, to make a noise in the world. […]
William Saroyan
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in “The Daring Young Man on the Flying Trapeze and Other Stories”
[…] Aveva cominciato a sentirsi perso mesi prima. Una sera, da un tram in corsa, aveva improvvisamente notato il cielo. L'esistenza del cielo, un fatto straordinario. Notandolo, guardandolo lassù in alto, mentre si avvicinava la notte, si era reso conto di quanto perso fosse diventato. Ma non aveva fatto nulla al riguardo. Aveva cominciato a desiderare una casa tutta sua, ma non aveva fatto nulla per avere una casa.
Stette immobile davanti al fonografo, pensando al silenzio del fonografo e al suo stesso silenzio, alla paura che aveva di fare rumore, di dichiarare la sua esistenza.
Sollevò il fonografo dal pavimento e lo posò sul piccolo tavolo da pranzo. Il fonografo era molto impolverato e passò una decina di minuti a pulirlo con calma. Quando ebbe finito di pulirlo, lo prese una paura ancora più grande, e per un attimo pensò di rimetterlo sul pavimento e lasciarlo stare in silenzio. Dopo un po' caricò lentamente la macchina, sperando segretamente che qualcosa al suo interno si rompesse, in modo da non essere in grado, dopo tutto, di fare rumore nel mondo. […]
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